Poche settimane fa, si sono tenute in Egitto le elezioni parlamentari, che hanno visto la vittoria incontrastata del partito del presidente Hosni Mubarak. Solo 12, dei 508 seggi in palio, sono andati a candidati non appartenenti al Pnd. I Fratelli musulmani, il maggiore gruppo d’opposizione, non si è aggiudicato neppure un seggio. Sconfitta non da poco se si pensa che nel 2005 si erano aggiudicati il 20% dei posti.
I mezzi di informazione sono sottoposti a controllo, in particolare i tre principali quotidiani (Al-Ahram, Al-Akhbar e Al-Gomhorya), i cui editori vengono nominati direttamente dal governo. La censura è praticata largamente su libri, film, riviste. Anche la televisione satellitare ha subito la censura a causa dell’approvazione di una norma che prevede il divieto di diffondere notizie che hanno un effetto negativo sulla pace e sull’unità sociale.
La limitazione dei diritti civili e politici è stata giustificata dalla legge marziale, adottata nel 1981 e in vigore ancora oggi. Lo stato di emergenza limita la libertà di assemblea e manifestazione, rende possibile creare tribunali speciali e dà facoltà al governo di controllare le comunicazioni tramite posta, internet e telefono. Inoltre,sono molti coloro che vengono detenuti preventivamente per volontà di leader politici, sospettati di attentare alla volontà nazionale. Le organizzazioni che si occupano di diritti umani, stimano che fra le 5000 e le 10000 persone siano detenute senza un’accusa specifica e senza un regolare processo.
A preoccupare il governo è, anche, il ritorno in patria, lo scorso 19 febbraio, di Mohammed El Baradai. Ex segretario dell’Aiea, vincitore di un premio nobel per la pace e probabili sfidante di Mubarak alle elezioni presidenziali del 2011, El Baradai si presenta come leader del cambiamento. Egli ha dato vita al “Fronte nazionale per il cambiamento”, che ha subito ottenuto l’appoggio di Hassan Nafia (a capo del partito Al-Ghad), Ghazali Herb (leader del partito liberaldemocratico) e dei Fratelli musulmani.
A fine marzo, quindi subito dopo il ritorno in Egitto di El-Baradai, il gruppo su Facebook che sostiene la sua candidatura registrava quasi 85 mila aderenti: un numero enorme se paragonato ai 6 mila utenti che, sullo stesso social network, sostengono Gamal Mubarak ( figlio del rais e possibile suo successore). El-Baradai è un personaggio molto apprezzato da scrittori virtuali, anche da quei bloggers, spesso molto giovani, che hanno creato Wasia, la prima rivista egiziana di “citizen’s journalism”. Caso vuole che la copertina del primo numero della neonata rivista, ritragga un’immagine stilizzata di El-Baradai . Anche se non è un uomo nato nell’epoca dei social network, El-Baradai sa che per espandere la sua popolarità deve penetrare l’agorà cibernetica. Per questo ha aperto un sito web nel quale raccoglie firme per una petizione con la quale si vuole chiedere al governo di intraprendere una serie di innovazioni democratiche.
Il forte successo di El-Baradai in Egitto non poteva passare inosservato. In particolare sono avvenuti due episodi da ricordare . Il 4 aprile scorso è stato arrestato Ahmed Mahanna, che dirige la casa editrice Dawin e aveva scritto un libro su El-Baradai, pubblicato a fine marzo. La polizia ha sequestrato copie del libro e il suo computer, come aveva dichiarato, subito dopo l’arresto, Gamal Eid, capo dell’Ong (gruppo di monitoraggio dei diritti umani). Mahanna è stato rilasciato dopo 24 ore dall’arresto.
Il 5 ottobre 2010, Ibrham Eissa, direttore del giornale indipendente Al-Dustur, è stato licenziato. Egli è conosciuto per i suoi editoriali satirici contro il governo. Sostiene di essere stato licenziato un’ora dopo essersi inutilmente battuto, con i proprietari del giornale, per la pubblicazione di un articolo scritto da El-Baradai. Eissa fu denunciato per critiche nel 2008, e l’allora appena eletto presidente del sindacato della stampa, aveva rilasciato una dichiarazione piuttosto indicativa dello stato delle cose:” Potremmo pensare all’accettazione di un codice etico, suggerito dal governo, che proibirebbe critiche al presidente e/o a qualsiasi membro della sua famiglia.”
A sostenere El-Baradei c’erano, al suo arrivo all’aeroporto del Cairo, anche alcuni membri di Kifaya (in arabo “basta”), un movimento che dal 2004 si oppone al regime principalmente via internet. Le tecniche adottate da Kifaya sono siti web, blogs, chat room e social networks: strumenti con i quali si cerca di sfuggire alla morsa della censura imposta dal regime e raggiungere un vasto pubblico.
Nonostante sia molto complicato per le autorità controllare cosa succede sul web, non sono mancati casi di censura anche su internet. Un episodio emblematico si è avuto, quando nel 2006, mentre molti membri della fratellanza musulmana si batteva contro l’estensione per altri due anni delle leggi di emergenza del 1981, sono state arrestate più di cento persone. Tra essi c’era Alaa El-Fatah, un celebre blogger conosciuto a livello internazionale, non solo per le sue battaglie contro il regime, ma anche per aver realizzato un sito manalaa.net, studiato per” raccogliere” la blogsfera egiziana e avvicinare le molte voci, spesso isolate, dei sostenitori delle libertà civili. Nei giorni precedenti al suo arresto, Alaa si stava impegnando per ottenere appoggi a livello internazionale per chiedere la liberazione dei sostenitori dell’iniziativa dei Fratelli musulmani. In quel caso le autorità egiziane hanno commesso un grosso errore, in quanto il caso del blogger ha sollevato molta attenzione da parte degli altri Paesi.
Caso sicuramente molto diverso, ma molto interessante è quello del sito egiziano Elkosharytoday, dedicato a fatti non esistenti, ma che, nel contesto e nelle dinamiche della società e della politica egiziana ed araba in generale, potrebbero essere veramente accaduti. Un sito specializzato in notizie false per sostenere le sue verità sul sessismo, sulla corruzione e sulla gestione del potere politico. L’aspetto più interessante di questo sito è che, pur dando notizie basate sui fatti inventati, riesce ad essere più attendibile delle “news organization” governative e delle fonti di informazione religiose, che difendono in modo palese gli interessi e le istanze della classe politica e religiosa.
Il contenuto di El Koshary è probabilmente l’unico sul mercato delle news egiziane che riesce a leggere, e a fotografare, le dinamiche socio politiche reali, bypassando la censura e contrastando il perbenismo borghese.
Il sito è un esperimento comunicativo che rispecchia l’ingegnosità degli egiziani nello sperimentare meccanismi, trucchi, tattiche e pratiche di comportamento per sopravvivere in mezzo a tante circostanze estreme come la mancanza di risorse per la famiglia, la corruzione, l’inquinamento, la burocrazia, e l’inefficienza del settore pubblico.
Non dobbiamo dimenticare un altro influente fattore della realtà egiziana: la censura religiosa. Ha suscitato molto scalpore, nel 2009 il caso di uno studente, Kareem. Il giovane, che all’epoca dell’arresto aveva 22 anni, era stato condannato nel 2007 a quattro anni di reclusione (tre oltraggio alla religione e uno per aver offeso il presidente Mubarak), a causa dei suoi scritti su internet.
Secondo i dati riportati dall’associazione egiziana per i diritti umani sono più di cinquanta i giornalisti e gli scrittori che sulla scia di Kareem hanno deciso di intraprendere una causa legale per le minacce e le persecuzioni di cui sono stati oggetto a causa dei loro scritti. Il numero degli intellettuali che è vittima di ritorsioni di vario genere, perchè ha scelto di manifestare liberamente le proprie idee, è molto più alto.
Ma non tutti hanno la possibilità o il coraggio di parlarne pubblicamente. Molti di loro hanno preferito abbandonare la professione e l’impegno civile per la libertà di pensiero.
Conclusioni
Dai dati riportati, è evidente che la necessità di maggiori libertà è sentita da parte di larghi strati della popolazione, come dimostra anche il seguito ottenuto da El-Baradai, che potrebbe essere la figura in grado di riunire attorno a sé l’opposizione al governo di Mubarak. La sua attività di raccolta firme per modificare i provvedimenti che limitano la sua candidatura alla presidenza, sta avendo successo e sembra che le firme raccolte siano già arrivate a 800000. Nonostante il fatto che Mubarak sia ormai anziano, e non in grado di rimanere in carica per un altro mandato, è plausibile che i membri del suo partito difficilmente siano disposti a favorire un cambio di regime.
*Oriana Costanzo è studente in Scienze politiche e della comunicazione (Università LUISS di Roma)
Le opinioni espresse nell’articolo sono dell’Autrice e potrebbero non coincidere con quelle di “Eurasia”