Il 19 ottobre il Segretario Generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen, ha ha espresso ufficialmente la propria soddisfazione per l’accettazione dell’invito, da parte del presidente russo Medvedev, a partecipare al prossimo vertice NATO-Russia in programma a Lisbona, attualmente in corso. «E non dimenticate che la NATO è ancora un blocco politico-militare diretto contro la Russia», ha commentato in suo articolo Vladimir Vladimirovič Štol’, direttore della rivista Obozrevatel’ (“l’Osservatore”).
Era il 1991 quando, a seguito del collasso dell’Unione Sovietica, nascevano i cosiddetti paesi CSI (Comunità degli Stati Indipendenti). Il risultato della disgregazione portava a far sì che nello spazio est-europeo si trovassero ad agire due forze, in un clima di diffidenza, recriminazioni reciproche, accuse e sospetti: NATO e Russia. È d’altronde comune la pretestuosa esclusione della Russia da un’identità europea, benché il paese condivida con l’Occidente profonde radici storiche, artistiche ed anche religiose. La progressiva espansione ad est della NATO ha creato non pochi problemi a livello di politica interna ed estera per la Russia, la quale ha sempre criticato questo processo di allargamento. Le principali preoccupazioni russe, fra le altre, riguardano l’installazione di basi militari della NATO in prossimità dei suoi confini (in particolare nei paesi baltici). Inoltre, un altro argomento di contrasto riguarda il trattato CFE, ovvero l’accordo sulle limitazioni delle armi convenzionali in Europa. In attesa del possibile “disgelo” fra le due parti, sorgono spontanee alcune domande: cosa si aspetta la NATO dalla cooperazione con la Russia? Quali sarebbero i vantaggi che ricaverebbe la Russia da questa collaborazione?
Cosa vuole la NATO dalla Russia?
La NATO vorrebbe che la Russia garantisca il transito attraverso il proprio territorio dei rifornimenti per le forze NATO in Afghanistan, combattendo insieme contro la droga, il terrorismo e l’immigrazione illegale. Ecco che allora Mosca si dice disposta ad aumentare i rifornimenti militari a Kabul lasciando transitare dal suo territorio i materiali necessari ai militari NATO schierati in Afghanistan. I russi forniranno elicotteri, secondo il Financial Times (circa una ventina), e kalashnikov (circa 20 mila), consentendo inoltre di agevolare il traffico logistico degli alleati che sempre di più si concentra nella strade di confine del Pakistan. Ma perché la NATO ha deciso di coinvolgere la Russia solo ora? Risponde Aleksandr Chramčichin, esperto in politica militare, nonché direttore dell’IPVA, Institut političeskogo i voennogo analiza (Istituto per l’analisi politica e militare): «Il progetto di estensione della NATO le porta più problemi che vantaggi. Nel momento in cui essa decidesse di fermare il suo allargamento ad est, dovrebbe smettere di esistere poiché verrebbe meno il suo obiettivo (…)».
Un secondo aspetto riguarda l’avvio di una collaborazione per un sistema di difesa missilistica che preveda un diretto collegamento fra i missili NATO ed i radar russi, con lo scopo di garantire maggior protezione a tutti i paesi che vi partecipano. Questo progetto, già proposto nel 2002 da Bush, aveva suscitato non poche perplessità, sia dalla Russia sia da alcuni paesi NATO. I timori del Presidente Medvedev si sono attenuati in seguito all’abbandono dell’idea della NATO di installare un radar nella Repubblica Ceca ed una batteria di missili intercettori in Polonia, e successivamente grazie alle dichiarazioni di Rasmussen, il quale esprimeva la decisa volontà di creare un collegamento di dispositivi antimissile USA/ NATO e Russia.
Perché la Russia dovrebbe accettare?
Innanzitutto, dal punto di vista economico, perché Mosca incasserebbe circa 1800 dollari per ogni vagone ferroviario in transito sul suo territorio. Inoltre, se si considerano le tonnellate di eroina che vengono prodotte in Afghanistan e portate in Russia, pare che essa non abbia altre soluzioni, se non la cooperazione. Se la NATO, infatti, lasciasse il territorio afghano, la Russia si ritroverebbe al suo lato una zona piena di droga e senza nessun tipo di controllo. In seguito all’11 settembre la Russia ha costantemente insistito sulla necessità di combattere contro il terrorismo, tanto che la Russia sembra interessata a partecipare alle attività marittime intraprese dalla NATO nell’area del Mediterraneo al fine di intercettare quei gruppi terroristici che si spostano attraverso le imbarcazioni.
Come si legge in un articolo del giornale Kommersant, Mosca ha però chiesto che si vieti lo schieramento di “forze militari significative” negli Stati entrati nella NATO in seguito alla Guerra Fredda. Come ha dichiarato Rjabkov, vice ministro degli Esteri: «Si vuole garantire una situazione in cui i livelli di previsione delle attività militari nei paesi che hanno recentemente aderito alla NATO siano più elevati di adesso». Questo potrebbe provocare reazioni contrarie da parte di Polonia e Repubblica Ceca, entrati nella NATO per garantirsi una protezione contro l’influenza russa.
Un diplomatico della NATO commenta: «La Russia potrebbe complicarci la vita in Afghanistan, ma non lo fa». E la NATO ha bisogno della Russia per liberarsi dalla trappola afghana, poiché la Russia è capace di organizzare la formazione militare dei soldati, aiutare contro la lotta al narcoterrorismo dando la possibilità alla NATO di utilizzare i corridoi di transito dai porti del Mar Baltico fino al Kazakistan, Kyrgyzstan, Tajikistan.
Aleksandr Konovalov, presidente dell’Istituto di Valutazioni ed analisi strategiche dichiara: «Per la prima volta da molto tempo l’Europa ha sentito un forte bisogno di Russia. Mi pare sia sorta una tendenza che si può ricollegare al desiderio di diventare centro di forza autonomo. Non è affatto l’abbandono della cooperazione. È la comprensione del fatto che in alcuni casi gli europei non possono seguire ciecamente gli Usa poiché i loro interessi non coincidono. Ma per potere allontanarsi dagli USA, occorre avvicinarsi alla Russia. L’Europa comincia a rendersi conto che ha bisogno di un alleato sicuro, forte ed influente come la Russia».
Per concludere, è possibile affermare che entrambe le parti hanno le proprie motivazioni per iniziare a collaborare sciogliendo il clima di tensione; non ci resta dunque che rinviare qualsiasi tipo di considerazione a dopo il vertice.
* Eleonora Ambrosi è dottoressa in Scienze Linguistiche presso l’Università Cattolica.
Le opinioni espresse nell’articolo sono dell’Autrice e potrebbero non coincidere con quelle di “Eurasia”